Cronistoira giudicariese 1805 - Il mondo degli Schuetzen

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"Uomini e genti Trentine durante le invasioni napoleoniche  1796 - 1810"
di prof. mons. Lorenzo Dalponte - Edizioni Bernardo Clesio Trento anno 1984

12) Cronistoria giudicariese 1805 - 1806 - 1807

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L' anno iniziò con tali abbondanti nevicate da compromettere la sicurezza delle case. La gente salì più volte sui tetti a buttar giù neve, ma ciò nonostante molte coperture cedettero con grande danno e spavento. “In simili circostanze - commenta Ongari - si scopre che è una gran bella cosa avere una casa isolata e distante dalle altre, ... poiché in simili frangenti si può lavorare con tutta liberti, senza impedire ne alcuna strada, ne recar danno ad alcuno”.
Costò lavoro e grossi oneri la praticabilità delle strade, perché le comunità dovevano provvedere a tener libere “le strade imperiali”.
Con il ritorno della buona stagione “arrivarono a tutte le comunità nuovi proclami: uno che proibiva l'acquisto di bestiame bovino, ad eccezione di quei capi necessari per coltivare la campagna ... L'altro riguardante i Cemiteri, cioè che questi debbano essere fissati, e trasportati in luoghi distanti dall'abitato, che le Fosse debbano essere profonde sei piedi, larghe quattro, e distanti l'una dall'altra piedi tre, e che ogni cadavere appena sepolto debba essere coperto prima di calce, poi di terra. Ottima Provvidenza da me assai desiderata per la purità, e la salubrità dell'aria.”
II notaio Ongari ricorda con commozione la solennità del Corpus Domini, ai 13 giugno, perché “la giornata fu bellissima ... ed anche il militare concorse a decorarla, poiché tutta la compagnia qui stazionata accompagnò in bello ordine la Processione, e fece anche diverse scariche. La polvere costo troni cento e cinque, dico tr. 105 e furono pagati da Benefattori e raccolti da me Notaio”.
le nozze di Zita e Carlo
Non mancarono tuttavia di comparire  nuvole nere, di tristi presagi. Le misure militari si fecero frequenti e  pesanti. A Molveno in località Rocca, il Comando Militare fece apprestare nuovi  fortilizi. Ogni valle fu obbligata a fornire un determinato numero di esperti  muratori, un centinaio di manovali e alcuni carri. Le retribuzioni, a carico  della Cassa Regia, erano di troni 3.10 al giorno per il semplice operaio, di  troni 4.10 per il muratore e di troni 15 per ogni carro.
“Si teme molto di una nuova  guerra - continua I'Ongari ­ed assai terribile, mentre le Truppe Austriache si  aumentano da ogni parte, e vanno sfilando verso i confini; anzi le sera de' 16  settembre alcuni soldati sono andati anche verso la Valle di Genova, e furono  posti di nuovo i picchetti a S. Valentino.
L'11 ottobre è venuto a  quartiere in Rendena tutto il Reggimento d'Infanteria Kerpen, e fu distribuito  come segue, una Compagnia in Villa e Verdesina, una Compagnia in Fisto, ed una  Compagnia in Bocenago e Strembo; ma ai 13, tre ore avanti giorno, sono partiti  tutti verso Molveno.
Lo stesso giorno degli 11 si ha  dovuto spedire diversi Carri, e Muli, fino a Trento per condurre qui le  Pagnotte. La sera del 13 ne sono arrivati circa 600 a Pinzolo provenienti dalla  Val di Sole per la strada di Campiglio, e furono ivi acquartierati; ma ai 14  ritornarono in Val di Sole. Al 14 circa mezzodi, provenienti da Tione arrivarono  a Spiazzo circa 400 uomini di Fanteria, ma subito proseguirono il loro viaggio  verso Campiglio e verso Tonale ...  “.
Nella tarda estate il centro  Europa tornò ad essere nuovamente teatro di guerra. L'Austria, che aveva aderito  alla terza coalizione con Inghilterra, Prussia e Russia ed era impaziente d'una  rivincita, iniziò le ostilità nel settembre 1805 e, per sorprendere Napoleone  che si trovava nel Nord della Francia, invase la Baviera senza attendere  l'arrivo dell'alleato russo. Ma fu Napoleone, con un rapido spostamento delle  sue truppe, a sorprendere gli Austriaci a Ulma e ad infliggere loro una  durissima sconfitta. Poi marciò direttamente su Vienna e la occupò. Colse il 2  dicembre 1805 una seconda strepitosa Vittoria ad Austerlitz contro le forze  austro-russe, obbligando l'Imperatore d'Austria a chiedere I'armistizio e ad  iniziare trattative per una pace che sarà durissima: dovrà cedere il Tirolo alla  Baviera e il Veneto e l'Istria con la Dalmazia al Regno d'Italia.
Il Tirolo fu investito dagli  orrori di quella guerra solo marginalmente. Mentre Napoleone, dopo Ulma, era in  cammino su Vienna, il Generale Massena, che comandava l'armata francese in  Italia, varcava l'Adige a Verona all'inseguimento dell'Arciduca Carlo, fratello  dell'Imperatore, che intendeva accorrere alla difesa della capitale. A Trento  transitò dalla Venosta un grosso reparto austriaco che dopo il disastro di Ulma  si era ritirato verso a Tirolo, con lo scopo di congiungersi poi a Bassano con  l'Arciduca Carlo; colà si imbatte invece nei Francesi e presso Castelfranco fu  sconfitto e in gran parte fatto prigioniero.
All'inseguimento di questo reparto  e con l'intento di occupare Innsbruck Napoleone aveva inviato a Generale Ney,  che quando si trovò nel Tirolo fece per la prima volta conoscenza con le  popolazioni in armi, in difesa della loro terra. Sorpreso e arrabbiatissimo, si  rivolse al Sindaco di Seefeld con queste parole: “Voi siete una turma di  montanari imbecilli! Perché dunque vi state ad intrigare della guerra?”. II  Tirolese gli rispose: “La nostra costituzione obbliga ogni cittadino a  prendere le armi quando il paese viene assalito da un nemico”. Non volle  prestarvi fede fin tanto che non gli fu posto sotto gli occhi a testo del  Libello dell'Undici. Allora esclamo: “Questa e una costituzione fatale!”.
la famiglia di Carlo primo d'Asburgo
All'avanguardia il Ney aveva il  reggimento del Colonnello Colbert, che, arrivato a Trento il 22 novembre,  pretese dalla città una immediata contribuzione di 60.000 fiorini. II notaio  Ongari chiude questo capitolo di storia con le parole: “Al 4 dicembre siamo  stati al Foro, e la si sentì la nuova, che i Francesi avevano chiesto al Circolo  di Roveredo una Contribuzione di 200 Milla lire Tornesi, ridotte a 150 Milla,  che fanno circa Fiorini 65 Milla, e che di questi alle Sette Pievi ne toccavano  15 Milla; ma tutte le Giurisdizioni si sono scusate, e commiserate, che non sono  in grado, e non sanno in qual maniera formare tale somma.
AI 12 detto è arrivato il Gratissimo Manifesto del  Gen. Massena Maresciallo dell'Impero Francese in Italia diretto al Governo di  Trento, col quale dichiarò che non si doveva sborsare alcuna contribuzione, se  non veniva ricercata da esso in persona, o  con qualche ordine in iscritto munito  della sua sottoscrizione, e del suo proprio sigillo; perciò ringraziato sia il  Cielo, che questa volta l'abbiam risparmiata”
Per quel tempo e in quelle  circostanze era già una grossa consolazione.
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II 26 dicembre 1805, con la pace  di Presburgo, il Tirolo con gli annessi Principati di Trento e Bressanone  passava sotto il dominio del Duca Massimiliano di Baviera dell'antica famiglia  dei Wittelsbach, che più d'una volta era stata rivale degli Asburgo nel  contendere il primato del Sacro Romano Impero Germanico. Il Duca, nella guerra  franco-austriaca del 1805, si era avvicinato alla politica Francese ed aveva  favorito il passaggio dell'armata  di Napoleone appoggiandola con il suo piccolo esercito. Ottenne così in premio  notevoli vantaggi territoriali. Accondiscese volentieri alla richiesta che la  “bella, saggia e virtuosa” figlia Augusta Amalia andasse in risposa del Viceré  d'Italia, Eugenio. E cosi il padre, Duca Massimiliano, all'inizio di gennaio fu  proclamato Re.
L'annessione alla  Baviera arrivò inaspettata, colse di sorpresa tutti e non trovò consenso  nemmeno tra coloro che avevano qualche simpatia per la Francia. In modo  particolare Le popolazioni del Tirolo tedesco accolsero con profondo malanimo la  notizia che erano state staccate dal grande Impero austriaco e legate ad un  principe considerato traditore per l'aiuto prestato a Napoleone; quelle trentine  guardarono con rassegnato realismo al baratto avvenuto, desidera­vano  soprattutto una lunga pace, anche se, specie nelle zone meridionali, avrebbero  preferito un'unione con il regno milanese.
II Re di Baviera con un proclama del  22 gennaio dichiarava il Tirolo annesso “auf ewige Zeit, in eterno”, al  suo scettro e prendeva possesso di Trento 1'1 febbraio 1806 tramite il Capitano  Conte Giovanni Nepomiceno Welsperg, ex commissario austriaco e ora delegato del  governatore generale del Tirolo, Conte Carlo d'Arco.
L' editto di S.M. Massimiliano  Giuseppe I Re di Baviera, col quale si dichiarava legittimo sovrano del Tirolo,  venne letto nelle chiese del Trentino. Si fece buon viso a cattivo gioco ed in  tutte le Pievi fu celebrata, il 23 febbraio, la Festa dell'annessione. Napoleone  pareva invincibile, era all' apogeo della sua potenza, e il popolo desiderava  tranquillità senza altri sconvolgimenti politici e scontri d'eserciti e  mobilitazioni di compagnie.
II governo bavarese opera rapidamente  con numerose drastiche disposizioni portando nel Trentino gli ordinamenti  politici, econo­mici e militari che erano in atto nella Baviera ed organizzando  così un' amministrazione pubblica che, se in alcuni settori della vita sociale  recava benefiche innovazioni, sotto altri aspetti concentrava nell'au­torità dei  funzionari statali, molto autoritari, quello che prima era in gran parte di  spettanza comunale. II che non piacque affatto.
II guaio maggiore dell'annata capita  con una forte svalutazione delle monete in corso.
Kaiser Franz Joseph I. ed il figlio Otto (15.09.1914)
Nel Tirolo circolava valuta austriaca che si trovava in quel momento soggetta a forte  fluttuazione, anche per grosse operazioni di speculazione. Il governo bavarese  intervenne con una politica finanziaria inattesa che suscitò le critiche dello stesso governatore del Tirolo, Conte d'Arco.
In luglio fu pubblicato in ogni paese un editto del Re Massimiliano di Baviera, dato in Monaco i1 26 giugno, con cui  le valute in carta di uno scellino venivano ridotte di quasi meta valore. Un Fiorino del valore nominale di 60 carentani fu così svalutato a 37 e furono dichiarate fuori corso le monete spicciole austriache come i mezzi troni e i traeri. In agosto arrivò l'altro avviso, datato 26/VII, che si doveva conteggiare solo a fiorini e carantani: ciò si riflette negativamente sul mercato e ne derivò un'enorme confusione negli affari. Il denaro in circolazione si fece scarso e le fiere d'autunno restarono quasi paralizzate creando per il momento nuove miserie e crisi angosciose. La svalutazione ovviamente colpì coloro che ave­vano qualche cosa: con un colpo di mano autoritario si ritrovarono con un patrimonio svalutato di un terzo o della meta. Donde tanta rabbia contro l'autorità bavarese, anche se in seguito la riforma va­lutaria apportò degli effettivi vantaggi facendo circolare una valuta più forte e più sicura, in argento e oro.
Alcuni ordinamenti giovarono alla  vita del paese: i comuni dovettero provvedere alla illuminazione delle contrade  principali, i proprietari di case a lato di strade postali furono obbligati a  mettere le gronde ai tetti per la raccolta dell'acqua ed a selciare la strada  per tutta la lunghezza della casa. Con decreto del 20 gennaio furono rese  obbligatorie e meglio organizzate le scuole comunali per i fanciulli dai 6 ai 12  anni.
II basso popolo apprezzò leggi che  abolivano dazi, pedaggi, decime e primizie, e certe prestazioni gratuite di  servizi e di lavori che erano un atavico residuo dell'epoca feudale.
Accettò con malavoglia la tassa del  “testatico o Kopfsteuer”, l'imposta sul reddito personale per il mantenimento  delle truppe d'occupazione.
Il Governo, alla ricerca di  danaro, pensò che era più opportuno tassare gli individui che non gli “stati” e  le comunità come si faceva per il passato. Aveva bisogno di oltre 300.000  fiorini all'anno e li ottenne obbligando ogni cittadino, da 15 anni in su, a  versare una determinata somma sulla base del patrimonio. I cittadini furono  divisi in 11 classi o categorie: nella prima, la più numerosa ma anche la più  povera, un uomo doveva versare 6 corone, la moglie 3, il figlio 2.  Nell'undecima, la meno numerosa, l'uomo pagava 50 fiorini all'anno, la moglie 40  e il figlio 16.
Il popolo imprecò, e non poco, perché non sapeva cosa farne di un esercito in tempo  di pace. Accolse invece con simpatia che venissero fissate aliquote in base ai  beni e di conseguenza fossero maggiormente colpiti i grossi proprietari. Se  questi si lamentavano, il popolo approvò che finalmente un governo avesse fatto  giustizia chiamando tutti a pagare in proporzione alla proprietà.
Si indispettì assai invece per la  tassa sul vino, cioè che per ogni “mossa” di vino venduta si dovesse  pagare un carantano. Ovviamente in Baviera la tassa sul vino poteva trovare una  giustificazione per la protezione da darsi alla produzione della birra. Ma nel  Trentino, dove migliaia di contadini di ogni valle fornivano del loro prodotto  tutte le osterie ed i negozi, il vedersi controllato un commercio che non aveva  mai conosciuto tassazione, suscitò immediate reazioni contro gli impiegati che  numerosissimi, secondo la cronaca, “si recavano come sgherri nelle cantine a  misurare il vino, a sigillare le botti, a controllare e multare quando i sigilli  erano saltati”. Il settore contadino si sentì colpito per la prima volta nel  suo piccolo mondo privato. “A casa mia entra il vento ed il sole, ma non ci  mette piede nessun re”, era il detto tramandato dalle generazioni con  legittimo orgoglio; ed ora si doveva tollerare che gente estranea entrasse di  prepotenza perfino nelle proprie cantine.
Margherita d'Austria
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Per il passato intimazioni e mandati  di pagamento ai singoli cittadini venivano fatti a mezzo dei “messi curiali”,  cioè di messi comunali, d'ora in poi divennero di spettanza della gendarmeria,  la quale per atti anche in loco pretendeva all'istante 10 “traeri”.
“Povere Pievi! - commenta al  riguardo il cronista Ongari ­per il passato hanno fatto tanti ricorsi per  ottenere che anche le effettive esecuzioni e l'incasso di un pegno venisse fatto  dal solito Messo della Curia a tutti già noto e conosciuto, e pratico del paese,  e non già dai birri, che con la loro comparsa improvvisa, e colle loro armi  spaventavano le donne, e i fanciulli, e da qui innanzi dovremo ogni momento  avere i birri nel paese, e sulle porte, non solo in occasione di qualche  esecuzione, ma anche ad intimare i mandati, ed Ordini giudiziali! Questa senza  dubbio sarà una cosa molto spiacevole, e disgustosa per tutti questi popoli; ma  ci vorrà pazienza, e tollerare anche il peggio!”.
Inoltre, con il mese di gennaio fu  pubblicato che “Sua Maestà per dare alla Provincia del Tirolo una  organizzazione uniforme agli altri suoi Stati si è clementissimamente  compiaciuta con suo sovrano rescritto del 21 novembre passato” di dividere  il circolo di Rovereto in tre Giudizi distrettuali, quello di Rovereto, di Riva e di Tione con due Amministrazioni in Rovereto e Riva. Venivano così abolite secolari autonomie comunali perché  considerate intoppi e barriere nella costruzione del nuovo stato illuminista e accentratore.
Alle Amministrazioni spettava la  riscossione delle imposte e il controllo di tutti gli uffici daziali, stradali e  vinari della zona. Al Giudizio distrettuale veniva affidata l'amministrazione  della giustizia, sia penale che civile, il controllo dei beni comunali, delle  scuole e di ogni istituto di educazione, il rilascio dei passaporti, ogni  problema inerente la vita civile ed il matrimonio. Quello distrettuale di Riva  comprendeva le giurisdizioni di Riva, della Val di Ledro, di Tenno, delle tre  Pievi del Marchesato delle Giudicarie e di quelle patrimoniali di Penede, Arco e  Drena. Al Giudizio di Tione spettavano le altre quattro Pievi delle Giudicarie,  il Vicariato di Storo e la giurisdizione patrimoniale dei conti Lodron.
Dal Giudizio dipendevano anche gli  affari ecclesiastici, in particolare la collazione delle parrocchie vacanti. E  da qui prese forma il grave dissidio tra il Governo bavarese ed il Vescovo di  Trento.
Praticamente il sacerdote  tirolese, pur rispettato nel settore strettamente religioso della predicazione e  dell'amministrazione dei Sacramenti, veniva trattato come un impiegato dello  Stato Bavarese. Nel suo ufficio non poteva non essere un educatore di popolo, e  pertanto doveva allinearsi con il progetto educativo dello stato illuminista. La  seguente ordinanza, scritta in italiano sulla politica ecclesiastica bavarese,  merita d'essere conosciuta per capire le intenzioni di un governo illuminista:
“Avvertimento ai sudditi  tirolesi!
... I vostri Pastori d'Anime non  sono solamente Ministri della Chiesa; essi sono pure Istruttori e Consultori del  popolo. Ed è quindi, che al Sovrano non può essere cosa indifferente, se questi  vostri consultori siano anche Uomini degni. Essi godono i frutti dei Beni  Parrocchiali, che dai Fedeli, e dallo Stato stesso furono fondati per il loro  sostentamento; imperocché la Chiesa in se stessa non possiede Beni. Cristo e gli  apostoli giravano bisognosi tra i popoli. Il mio regno non è di questo Mondo,  diceva il Redentore. L'invigilare dunque che i Beni temporali pervenuti alla  Chiesa con donazioni posteriormente seguite, non vengano goduti da persone  indegne, egli è un dovere del Sovrano, imperciocché esso rappresenta i suoi  Sudditi; esso rappresenta voi tutti, e voi tutti non potete voler altro, che quello che vuole il vostro  Sovrano. Egli dispensa i diritti temporali, come il Vescovo dispensa i diritti  ecclesiastici ... Innsbruck, n 20 novembre 1807 - Regio  Commissario Bavaro generale del Tirolo, Carlo Conte d' Arco”.
Di conseguenza il Commissario  Generale intervenne con una serie di leggi e di ordinanze che sorpresero e  irritarono. Non si potevano ordinare nuovi sacerdoti senza che questi non  avessero superato un esame abilitante all'Università di Innsbruck. Il Re  arrogava a sé il diritto di nomina dei parroci nelle sedi vacanti; al Vescovo  era permesso soltanto presentare una terna di nomi per tale nomina, ma anche la  terna poteva esser respinta se non c'era l'individuo gradito alla corte. Le  attività religiose furono regolate con speciali disposizioni che limitavano il  suono delle campane e il numero delle candele, e proibivano cerimonie assai  popolari e gradite come la messa di mezzanotte a Natale.
Francesco Giuseppe e Guglielmo Primo
Erano disposizioni che offendevano la sensibilità popolare così attaccata alle sue tradizioni. La stizza contro il Bavaro fece presa anche nelle categorie della pubblica amministrazione. Da principio il Governo si servì di gran numero di funzionari  dei passati regimi, tra i quali pochi conoscevano i1 tedesco. Ben presto tuttavia la conoscenza di questa lingua divenne un titolo preferenziale. Da qui  il lamento emblematico del Notaio Ongari: “AI presente, chi vuole avere  impiego e pane onorevoli, bisogna che conosca la lingua tedesca, altrimenti resta privo d'ogni carica. La cosa è tale in effetto, perche tanti esperti Notai  oggi restano esclusi dal loro Uffizio, e vengono istallati altri remoti, e  forestieri, unicamente perché sanno il Tedesco, poiché tutti i Dispacci, ed  ordini, che vengono ai Giudici dal Governo, o dal Commissario del Tirolo, sono  in Tedesco”.
Concludendo questa breve analisi  dell'anno 1807 si può affermare che nel settore amministrativo furono introdotte  valide innovazioni, ma che per il drastico modo e la severità con cui vennero  imposte suscitarono forti reazioni. Crebbe tra le classi sociali l'antipatia per la Baviera “padrona” e si fece strada il desiderio d'un cambiamento. Pertanto al  cronista Ongari, di solito così misurato nelle annotazioni, parvero ottime le notizie che arrivavano delle prime grosse difficoltà di Napoleone contro gli  alleati della quarta coalizione: “Le notizie della guerra continuano ad  essere favorevoli, poiché in una battaglia avvenuta il 10 febbraio si dice,  essere restati morti 18 Generali Francesi, e Bavari, onde si deve credere, che  vi sarà restata anche gran quantità. di soldati” .
La realtà era ben diversa; Napoleone,  che aveva occupato Berlino e Varsavia, combatté si ad Eylau in una tempesta di  neve contra i Russi una battaglia dall'esito incerto, ma in giugno li sconfisse clamorosamente a Friedland.
Passò anche l'anno 1807. Restò però a  lungo tristemente famoso nella memoria della gente per l'epidemia delle “Ferse”,  che nei mesi di maggio e giugno fu così violenta da portare alla morte moltissimi bambini e fanciulli. Famiglie intere restarono senza figli.
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