I compiti - Il mondo degli Schuetzen

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"Uomini e genti Trentine durante le invasioni napoleoniche  1796 - 1810"
di prof. mons. Lorenzo Dalponte - Edizioni Bernardo Clesio Trento anno 1984

6) "I Bersaglieri Trentini - b) I Compiti

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Prima di procedere nella narrazione degli eventi e opportuno pren­der visione dei quadri e degli obbiettivi assegnati alle Compagnie Tirolesi. Nel Convegno degli «Stati» [30 maggio- 3 giugno], a Bolzano, erano state prese diverse decisioni in ordine alla difesa del paese, fissate in 11 articoli. Nel Nr. 9 si precisa: «Ogni Compagnia deve avere una forza di 120 uomini, indusi il Capitano, il Tenente, il Sottotenente, l' allievo Ufficiale, il furiere maggiore e 8 caporali. Vengono ammessi i trombettieri. Viene anche provvisto per il ne­cessario numero di cappellani militari e di medici-chirurghi. Come compenso, il singolo bersagliere riceve normalmente 30 corone al mese, cioè 15 fiorini, il Caporale 36, il Furiere 42. II Capitano riceve come paga 60 fiorini al mese, il Tenente 34, il Sottotenente 28, l' allievo Ufficiale 27. Il cappellano militare riceve la paga del Sottotenente, ed il chirurgo quella del furiere maggiore».
Nel giornale dei bersaglieri si raccomandava spesso di aggiungere al personale del comando e ai 103 «comuni», anche due falegnami, il che farebbe apparire il totale ideale di una compagnia tra i 117 e i 120 uomini.
Dall'esame tuttavia degli atti conservati all'Archivio di Stato di Innsbruck appare che raramente il numero dei bersaglieri superava le 100 unità.
Ogni bersagliere era tenuto a presentarsi con il fucile da guerra, detto Stutzen, un fucile a canna rigata, e con la sciabola. Se l' archibugio era di sua proprietà, riceveva oltre la paga stabilita, altri 4 carantani al giorno. N ei primi tre giorni della mobilitazione doveva p0rtare con se il necessario per la sua sussistenza; poi provvedeva sul posto con il compenso che riceveva. Se doveva pernottare presso famiglie, pagava anche lui quello che versava il soldato regolare, uno Schlafkreuzer alla notte o un carantano, con il quale aveva diritto al quartiere, con paglia, legna e lume.

I compensi ai bersaglieri venivano distribuiti dai Capitani che li ritiravano di solito alla cassa comunale, dietro quietanza rilasciata al Capoconsole. Questi poi ne chiedeva il rimborso al Governo Provinciale. Ma: cosa avveniva quando le finanze del comune erano del tutto esaurite - il che successe più volte, specie nel 1809 - e quando non arrivavano i sussidi del Governo centrale? Lo spiega eloquentemente un ordine del giorno del 28 agosto 1809 da parte del Capoconsole di Imer, nel Primiero, nel quale si afferma che le finanze del paese sono del tutto esaurite e che il debito pubblico ha raggiunto una cifra altissima, e si raccomanda "che le tre compagnie vengano composte possibilmente di soli volontari che si accontentino delle razioni giornaliere di polenta e formaggio ed una mossa di vino da concedersi solo nei giorni festivi". Nell'ordine è specificato che i volontari non avrebbero dovuto pretendere ne la fornitura di scarpe, ne i vestiti ed accontentarsi d'una paga di 12 carantani giornalieri (un sesto di fiorino) “da ricevere al primo incasso che sarebbe stato fatto dalla Superiorità senza pretenderlo dalla Deputazione di Primiero ne dalle pubbliche rappresentanze”. Pare incredibile, ma anche in condizioni simili le compagnie si formarono.

Se il numero dei volontari non era sufficiente, si tirava a sorte tra gli uomini abili per la leva in massa mettendo di solito in un sacchetto i loro nomi ed in un altro altrettanti fagioli bianchi e neri. La cifra dei neri corrispondeva a quanti combattenti si dovevano sorteggiare.
Alla presenza delle autorità e di un console verbalizzante, due fanciulli levavano dai sacchetti un nome ed un fagiolo: quel nome che usciva contemporaneamente al fagiolo nero era di uno destinato alla compagnia; come si usava per il sorteggio dei “milizioti”.
Vale la pena ricordare che inizialmente la durata del servizio per ogni bersagliere era variabile: da pochi giorni fino ad un massimo di 6 settimane, che divennero obbligatorie; poi avveniva l'avvicendamento organizzato dall'autorità comunale o distrettuale. La ragione principale di questo alternarsi è da cercarsi nella natura stessa di questo servizio, più che altro di difesa, in luoghi ad essa idonei, quali le gole dei passi o i pendii delle montagne, sostenuto nella massima parte dalla massa contadina che doveva contemporaneamente badare all'andamento della sua piccola azienda e curare anche il lavoro dei campi.
Si è già detto che la difesa dei confini era affidata alle truppe imperiali e alle compagnie dei bersaglieri volontari. Ma dopo aver respinto la prima invasione, quella guidata personalmente da Napoleone, le Autorità, conscie della permanente minaccia francese, presero in esame anche la leva in massa dai 18 ai 60 anni. Un primo interessante documento è l'appello del Consiglio Amministrativo dell' 1 dicembre 1796 rivolto “ai popoli del Distretto Trentino”. Eccone gli stralci più importanti: “Il Consiglio Amministrativo, informato dello spirito patriottico dei popoli del Distretto Trentino, esternato anche durante l'invasione francese, de' sforzi praticati, e dell' assistenza praticata alle truppe di Sua Maestà Imperiale, onde sottrarsi al giogo nemico, e principalmente della risoluzione presa, di volere di qui innanzi a qualunque costo, e colle armi alla mano difendersi contro ogni ulteriore attentato nemico, si crede in dovere di encomiare non solo di lodevoli sentimenti, ed approvare la patriottica soluzione presa, ma di eccitare eziandio nuovamente tutti i popoli del Distretto Trentino a senso li autorevoli Superiori impulsi altresì analoghi ai vincoli, ed obblighi normalmente prescritti, nel Libello dell'anno 1511, art 8-9 e 10, a volere al caso con fermezza, e coraggio, e con forze unite mandare ad effetto questa energica soluzione, mediante un sollevamento in massa che rende inutile ogni sforzo nemico ... Ove la truppa francese andasse tant'oltre, da mi nacciare una nuova invasione, si facciano tempestivamente tali di­sposizioni, onde all' avvicinarsi del nemico e si dia progressivamente d'un paese all'altro Campana a Martello, e che al primo tocco della Campana a stormo tutti si sollevino ed accorrano la, ove il pericolo si manifesta, e la difesa della Patria li richieda. Ogni Comune scelga, fra i suoi membri, uomini esperti, di coraggio, di universal confidenza, che conducano e dirigano il popolo; ogni arma da fuoco, da punta o da taglio, ogni altro strumento d'offesa, tutto può servire in tale occasione, in mana a gente coraggiosa, contra un nemico, che più di tutto atterrisce il furor popolare, e in situazioni ove agir non possono liberamente le artiglierie, ma dove ad ogni passo puossi prender l'inimico di fianco, o in ischiena ... “
E’ persuaso il Consiglio Amministrativo, che i popoli del Distretto Trentino non vorranno nel patriottismo, nella fedeltà a Sua Maestà Imperial Regia, nel valore, e nel coraggio, lasciarsi vincere dagli altri Sudditi Tirolesi, ma che animati da uno stesso spirito, stimolati dallo stesso proprio interesse, vorranno impiegare ogni mezzo, vorranno usare ogni sforzo, onde allontanare di concerto colle Armate Imperiali, e coi Bersaglieri Tirolesi un inimico sterminatore, salvar la sua Patria, e ritornare poi vittoriosi alle proprie case e godere tranquillamente i frutti della loro lealtà, ed osservanza dell' antica costituzione della Provincia”
L'appello trovo immediata risposta. Scrive Padre Gian Grisostomo Tovazzi nel suo Diario secolaresco e monastico: “ll due dicembre sono venuti a Trento i Sindaci di tutte Ie Giudicarie ad esibirsi a nome comune di levarsi in massa contra i Francesi, qualora facciano altrettanto anche gli altri paesi del Trentino. Gli Anauni hanno già ordinato e raccolto diverse compagnie. Così pure gli Fiammaschi .. “.

Tra i Sindaci delle Giudicarie c'era il giovane Bernardino Dal Ponte, di cui si parlerà al capitolo successivo.
Ancora più illuminante, per conoscere i compiti e le finalità della mobilitazione generale, è l'ordine del 26 aprile 1797, che fa immediatamente seguito alla seconda cacciata dei Francesi “ll Consiglio Imperiale Regio Amministrativo unitamente e di concerto coll'Imperial Regio Comando d'Armata, inerendo al Proclama de' 24 aprile 1797, pubblicato n 25, detto ordinante l'armamento in massa a scanso d'ogni e qualunque sinistro intendimento, ed affine quella venga diretta con precisione, onde compromettersi quei vantaggi, ed esito felice che corrispondino al salutevole intento, ritrova necessario di pubblicare le prescrizioni, e norme seguenti:
1) Nella estremità dell'Ala destra tutte le Giurisdizioni della Val di Sole avranno ad unirsi a Vermiglio per difendere quei confini verso Ponte di Legno ed i1 Monte Tonale.
2)   Le Giurisdizioni di Rendena, di Val D'Annone, e di Giudicarie, Contado di Lodrone e Val Vestino hanno tutte da unirsi sui confini presso Rocca d'Anfo, verso il Bresciano, per difendere quei passi, come pure quelli della Val di Ledro, Val Vestino, e di Storo.
3) Le Comunità della Podesteria di la dell'Adige, ed oltre Buco di Vela si uniranno a Riva, e Torbole.

4) Quelle della destra sponda dell'Adige in Avio, dove esse a norma delle circostanze potranno essere impiegate anche alla difesa di Montebaldo.
5) Quelle della sinistra sponda dell'Adige avranno i1 loro centro di unione in Borghetto.
6) Quelli del Monte di Folgaria, Terragnolo, di Val'Arsa, di Val Ronchi e di Valfredda ecc. avranno ad occupare le montagne sopra la sponda sinistra dell'Adige per difendere i passi ivi esistenti, e così le Comunità della Podesteria di Trento, di qua dall'Adige avranno a difendere i passi unitamente a quelli delle Giurisdizioni di Pergine e Caldonazzo, della Catena de' Monti in Valsugana, dalla parte del Veronese e Vicentino.
7) Tutte quelle di Val di Fiemme, di Fassa e di Val Sugana, occuperanno parte i confini delle loro montagne, e parte si sposteranno per la Val Sugana e Primolano per chiudere la Catena de' Monti verso Feltre.
8) Ogni Comunità si doverà unire in una Compagnia ed eleggersi un Capo; le quali compagnie tutte nell' avanzarsi alloro centro d'unione, verranno indirizzate a quel comando militare che vi si troverà, ed avranno da questo l' ulteriore destino, e gli ordini opportuni per la difesa, ai quali si dovranno assoggettare senza la minima opposizione.
9) Siccome nei confini esteriori, e più remoti per ordini del Co­mandante Militare verrà suonata la Campana a stormo, il che e il segno dell'avvicinamento dell'inimico, così dovrà questa essere suonata da un luogo all'altro, e finocché tutte le rispettive comunità ed abitanti dai 15 fino ai 60 anni, niuno eccettuato, compariranno sulla piazza dell'Armi.
10) La scelta delle armi poi sara la stessa, cioè quelli che non sono provveduti di armi da fuoco, e da taglio, dovranno provvedersi di forche, picche, falci, e bastoni ecc., e la mancanza di armi non iscusera punto quelli che non comparissero.
Si ordina e si comanda in appresso a tutte e cadauna delle Comunità Suddite, a dovere in tempo provvedere alle munizioni da bocca e da Fuoco per i rispettivi propri individui, che apprestar si devono a' presenti comandi al caso dell'insurrezione di massa, affine non venga per tale mancanza recato qualunque minimo ritardo, tenendo esatto conto de' dispendi che incontreranno a quest' occa­sione, per ricevere a suo luogo e tempo la giusta indennizzazione.

Trento, lì 26 aprile 1797
(firmati): Per ordine del Signor Generale
Barone di Loudon
Filippo Baroni Cavalcabo, Preside
Il Conte di Neipper, Capitano delio Stato Maggiore, Comandante della Piazza e dei posti avanzati
Alberto V igilio Conte Alberti, Cancelliere ».
Nel dare queste disposizioni bisogna che il Comando abbia nutrito fiducia nella disponibilità delle popolazioni, perché anche allora, come sempre, non era facile portare degli uomini a combattere e a morire. Se la preparazione militare dei mobilitati lasciava ovviamente a desiderare, come appare dall' articolo 10 dell'ordine sopra citato, e doveva per forza poi condurre a dei sacrifici inutili, occorre pensare che sotto l'aspetto psicologico lo stato d'animo “degli insorgenti” sia stato capace d'un atto di risolutezza e di coraggio.

Nel 1809 circolerà nei paesi un libretto, i1 Manuale del Fedele Tirolese, letto e fatto oggetto di commento nelle osterie e sulle piazze. Alcuni passi sono significativi per capire i1 clima del tempo:
“Orsù Tirolesi - orsù, orsù: è vicina l'ora della vostra redenzione! I più sacri doveri vi richiamano in armi per la Casa imperiale minacciata
Orsù Tirolesi: polvere e piombo sia il cibo dei vostri nemici, che sono i nostri. Non fate uso delle armi prima dell'arrivo degli Austriaci. Non fate fronte all'aperta forza. Giorno e notte molestate i1 nemico e sterminatelo a poco a poco. Piombate addosso ai corrieri e ai picchetti nemici. Intercettate le vettovaglie e le lettere ... Quando arriveranno gli austriaci, fuochi sui monti e campane a martello. Giovani e vecchi prendano le armi per la grande opera della liberazione».
Di fatto le compagnie venivano quasi sempre impegnate nelle alture e sui fianchi dei monti, in rapidi scontri a fuoco e ritirate altrettanto veloci, se necessario. In valle operava l'esercito imperiale, con reparti di fanteria, di cavalleria, e di artiglieria. II compito dei bersaglieri è stato bene descritto dal Decano di Tione, don Ignazio Carli: “.. Un buon numero dei nostri giudicariesi, Fedeli al loro Imperatore d'Austria che con un bando li aveva chiamati sotto le armi per difendere la loro patria, contro l'invasore francese, avevano volentieri risposto all'invito, si erano messi con disciplina sotto capi sperimentati ed audaci, ed in accordo con l'esercito regolare austriaco, avevano il compito di molestare i nemici can qualche attacco inatteso, occupare qualche vantaggiosa posizione per tenerli a bada, caricarli nella fuga per ispaventarli a spogliarli delle salmerie, scomparire rapidamente, preparare imboscate, ricomporre e danneggiare in qualunque modo le schiere francesi e, col loro coraggio, tener vivo il coraggio del popolo».
C'erano tra loro abili cacciatori, che miravano agli ufficiali e ai tamburini, per creare il caos nei reparti avanzanti.

Significativi al riguardo sono due fatti di guerra, dove le compagnie dei bersaglieri hanno sopportato il peso maggiore degli scontri ed hanno decisamente contribuito alla vittoria finale: il primo è lo scontro di due compagnie contro 2800 francesi, il 2 novembre 1796, a Segonzano, dove i Francesi ebbero 54 morti, oltre 100 feriti, 16 ufficiali uccisi e diverse centinaia di prigionieri, mentre i bersaglieri subirono 12 morti (4 di loro ed 8 imperiali) e 14 feriti gravi; l'altro riguarda la battaglia di Spinges, all'entrata nella Valle Pusteria, dove per tre volte in un giorno, il 2 aprile 1797, i Francesi tentarono di rompere il cerchio di queste compagnie, perdendo 3 battaglioni e bruciando poi circa 700 salme di caduti. La batosta fu tale che dovettero inoltre impiegare 42 carri per trasportare nelle retrovie i loro  feriti, mentre i bersaglieri ebbero 77 caduti sul campo e 26 feriti gravi, deceduti in seguito: in totale 103 morti.
All'infuori degli impegni militari, c'e un periodo di esaltante emozione nella storia dei bersaglieri trentini che si riferisce alla “Guardia Nazionale” di Trento, e va dal 16 aprile 1801 al 6 novembre 1802, quando ebbe praticamente fine il Principato Vescovile di Trento.
In seguito alla pace di Luneville, del 9 febbraio 1801, Napoleone diede ordine al Gen. Macdonald di ritirarsi dal Trentino e di consegnare il Principato al legittimo proprietario, il Vescovo, ed in sua assenza, al Capitolo della Cattedrale. II Capitolo accettò e incaricò il Magistrato della formazione di una guardia civica «per il mantenimento del buon ordine e della interna pubblica tranquillità, ... su piede praticato in altri tempi, a seconda dello Statuto»; voleva eli­minare ogni ombra di stato militare.
In data primo aprile si presentarono 31 uomini delle principali famiglie della città e tra loro si scelsero cinque capitani, ai quali venne rilasciata la patente del comando. In fretta e con entusiasmo furono composte 5 compagnie di 50 uomini ciascuna. Quando quella del Cap. Nicola Donati presento sulla Piazza Grande i suoi effettivi, c'era tra essi “il mercante Antonio degli Antoni, di 96 anni, che volle fare un' ora di guardia sulla piazza col suo moschetto in ispalla fra un'immensa folla di popolo spettatore, che col continuo battere di mana applaudi all'intrepidezza del buon vecchio patriota, il che esternerà la di lui memoria negli annali di questa patria».

La guardia civica, chiamata allora anche guardia nazionale o gran guardia della milizia, presterà servizio per 19 mesi con un avvicendamento alquanto travagliato in capitani ed uomini. Come si vedrà, Bernardino Dal Ponte da Val Giudicarie fu proposto al comando di una compagnia; e quando egli entrerà in Trento, il 20 agosto 1809, come Comandante di alcune compagnie di bersaglieri, tra i suoi primi atti concordati con il Magistrato ci sarà quello di ripristinare la guardia civica.
Nel chiudere questo capitolo sui compiti del bersagliere tirolese, non è pensabile una ricostruzione decorosa della sua storia senza abbracciare, almeno in un attimo, tutto l'arco cronologico entro cui ha operato nei decenni seguenti. In occasione dei moti rivoluzionari del 1848 giunsero molte compagnie nel Trentino dal Tirolo del Nord per la difesa dei passi, dallo Stelvio al Tonale, a Riva del Garda, in Vallarsa e in Valsugana. Aspri scontri con i Corpi franchi della Lombardia avvennero il 27 aprile e il 13 maggio a Ponte Caffaro. In un primo combattimento, a Ponte Caffaro, il 22 aprile, c'era la compagnia degli studenti universitari di Innsbruck che aveva come cappellano il vecchio padre cappuccino Joachim Haspinger, amico e compagno di Andreas Hofer.
In Val di Ledro operarono due compagnie del Tirolo italiano, una della Valle di Fiemme e una dell'Ampezzano, agli ordini del Maggiore Tomaso d'Agostini di Daiano. In un combattimento sul Monte Nota, i Fiemmesi fermarono e respinsero un gruppo di volontari lombardi e ricevettero per quest'azione un pubblico riconoscimento di lode dal comando militare.
Pure nell'agosto del 1856, quando l'Italia, alleata della Prussia, dichiaro guerra all'Austria, l'esercito imperiale, impegnato in Val di Ledro contro Garibaldi e in Valsugana contro il Gen. Medici, sollecitò l'intervento dei bersaglieri tirolesi. Accorsero 19 compagnie di bersaglieri, che operando soprattutto dalla montagna presero parte ai combattimenti di Ponte Caffaro il 25 giugno, di Val Sorda il 15 luglio e a Tezze in Valsugana il 22. Questa volta «i difensori della patria» trentini si mossero solo in Val di Fiemme e, con meno convincimento, a presidio dei passi di S. Pellegrino e di Valle Cadino.

Nel 1867 l'Austria introdusse l'obbligo generale del servizio militare: fu la fine della libera difesa del Tirolo. Quarant'anni dopo, il 29 agosto 1909, in occasione del centenario dell'insurrezione hoferiana, a Innsbruck parve rivivere ancora una volta la leggendaria figura del “difensore della patria”: 33.000 bersaglieri, tra i quali 2.500 del Tirolo italiano, marciarono davanti all'Imperatore Francesco Giuseppe. Fu una grande festa che chiudeva per sempre una grande storia.
Con la Prima Guerra Mondiale “i bersaglieri immatricolati o Standschiitzen” furono mobilitati in numero di 3.400 e militarizzati con propria divisa e l'aquilotto tirolese sul colletto. Vennero impegnati, dalla Val di Fassa all'Adamello, in lavori di fortificazione ai passi e poi nel servizio alle truppe della prima linea.
Nella Seconda Guerra Mondiale, Franz Hofer, Gauleiter del Tirolo e Commissario Superiore della “Zona di operazioni delle Prealpi”, nel creare i1 6 settembre 1943 i1 “Corpo di Sicurezza Trentino” sollecitava i giovani di 18 e 19 anni ad arruolarsi “perché sentiranno l'orgoglio di appartenere a un corpo scelto, chiamato a difendere e conservare le tradizioni dei loro padri». Fu l'ultimo e, più che tragico, del tutto ridicolo e cinico richiamo a chi aveva lottato contro ogni occupazione straniera.
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