Cronistoria giudicariese 1801 - Il mondo degli Schuetzen

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Uomini e genti Trentine durante le invasioni napoleoniche  1796 - 1810"
di prof. mons. Lorenzo Dalponte - Edizioni Bernardo Clesio Trento anno 1984

12) Cronistoria giudicariese 1801

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Abbiamo già narrato, parlando del Capitano Dal Ponte, come il Gen. Francese Stefano Macdonald partì con 10.000 uomini dai Grigioni e, dopo aver invano forzato il passo del Tonale, con abile manovra abbia risalito le Valli Giudicarie più accessibili e di più facile passaggio per un grosso esercito. Lo precedeva il Gen. Lechi con una brigata, il quale, giunto a Riva del Garda, impose al Comune 6.000 razioni di pane e di carne.
II cronista di Riva, Fiorio, annota in data 5 gennaio : “Venne fatta dal Comando generale una forte requisizione di pane e di vino. Tosto fu ordinato di cuocere pane in tutti i Forni e le famiglie principali furono caricate della contribuzione del vino”.
“L'armata diabolica” di Macdonald al completo arrivo a Trento 1'8 gennaio. Era formata di oltre 20.000 veterani che da tre giorni non avevano ricevuto un tozzo di pane; segno eloquente questo che lungo la strada delle Giudicarie avevano trovato paesi impoveriti di tutto.
E’ appunto quanto annota il notaio Ongari: “Abbiamo finito male il già spirato anno 1800, ma dubito assai, che voglia esser peggiore quello che è ora incominciato, perché la guerra si fa più seria, e la Carestia cresce di giorno in giorno”.
Finora siamo stati rovinati dai bersaglieri, e dai tedeschi, che hanno voluto tanta legna, paglia, fieno, carreggi, noli, e denaro, che ci hanno ridotti all'ultimo sterminio. II primo Gennaio in queste 4 Ville: Pelugo, Borzago, Mortaso, Fisto e Spiazzo vi sono state a quartiere 5 compagnie di truppe regolate.
II 2, 3, 4 Gennaio è seguita qualche scaramuccia a Storo, Condino ma finalmente essendo giunta la nuova, che una colonna di Francesi era già penetrata per Monte Baldo fino a Rovereto, il 4 dello stesso gennaio i tedeschi, e bersaglieri che erano in questi contorni, sparirono tutti in un momento, e neppur si sa dove siano andati.
II 5 Gennaio cominciarono a passar per Tione i Francesi, e Cisalpini, andando parte per Durone, e parte verso Stenico. Una parte si fermò in Tione anche al 6; ed han voluto da mangiare, e da bere ...
Al 9 si intese, che i Francesi  erano già arrivati in Trento; ma solo quella Colonna che passò per Tione; e si  raccontò che i Francesi erano anche in Verona, ed in qualche paese lungo la  Riviera del Lago: ma che però del lago, delle barche, di Peschiera, e de'  Castelli di Verona sono tuttora in possesso de' Tedeschi”.
Le autorità militari, civili ed  ecclesiastiche erano fuggite: il Gen. Loudon per Valsorda verso Bassano, il  Baroni con le casse verso Bolzano ed il Vescovo a Gorizia. Per le popolazioni la  conseguenza immediata dell'occupazione fu la richiesta d'un pesante contributo.  “Il 18 (gennaio) il Proclama, e l'avviso da Trento, che i  Francesi dal Tirolo italiano vogliono 400 mille Fiorini; che alle 7 Pievi ne  toccano 26 mille, ed alla sola Rendena 4 mille e più; e giacché non abbiamo nel  Paese altra moneta che poche Cedole di Banco, converrà spogliarsi anche di  queste, e restar senza alcuna sussistenza. A1 confronto pero de' paesi limitrofi  noi stiamo ancora bene, perché i Paesi dove passarono sono assai più rovinati  del nostro. II 20 Gennaio è venuto l' ordine, che vogliono 8 bovi da ammazzare,  e poi 100 muli, per condur 100 Some biada da Storo a Trento”.
Si vivono ore difficili, quasi  d'angoscia. I responsabili delle comunità si danno da fare per rappacificare  l'invasore raccogliendo almeno parte della somma e presentando una comune  supplica. Scrive ancora I'Ongari: “II 2 febbraio vi fu Consiglio di buon  mattino e giunse lo  ordine che nelle Sette Pievi i  Francesi volevano i quartieri per 500 Cavalli, e in Rendena 120; ma per grazia  del Cielo neppur questi sono venuti”.
A forza di suppliche e preghiere la  Contribuzione ingiunta dai Francesi al Tirolo Italiano fu diminuita d'un terzo;  e così invece di 300 mila Franchi si accontentarono di 200 mila, ma a condizione  assoluta che questi venissero sborsati in moneta sonante d'oro e d'ar­gento e  non in “cedole di banco”.
“Sul Foglio del 4 Febbraio ci fu  data notizia essere stata conchiusa la Pace a Luneville tra i Plenipotenziari  Conte Cobenzel, e Giuseppe Bonaparte; ma che nel tempo stesso fu prorogato  l'armistizio per tutte le armate di altri giorni 30, cominciando dai 3 febbraio.
Fino il 15 Febb., ultima Domenica  di Carnovale, abbiamo avuto un buon inverno con poca neve, e poco freddo, poiché  la poca neve caduta in dicembre era già quasi affatto sparita; ma in detto  giorno, e notte susseguente ha fioccato di nuovo e poi dopo ha piovuto qualche  giorno e successe tal bonaccia che le strade erano impraticabili. Le critiche  circostanze di guerra, e di penuria hanno veramente sbandita la voglia di  danzare, e di andare in maschera”.
Tra i documenti dell'epoca conservati  nell'archivio parrocchiale di Vigo Lomaso, ne troviamo uno datato 17 febbraio,  nel quale la Comunità del Lomaso rivolge la seguente domanda al Vescovo di  Trento, dopo aver informato il Parroco delle richieste in oggetto: “
.. La  siccità e le spese della guerra, hanno ridotto buona parte degli abitanti ad una  vera indigenza e per sopracarico il Ciel permise, che l' armata Francese venisse  qui a consumare que' pochi viveri, che sufficienti erano per alimentarsi due  mesi.
E pur vero che la nostra comunità  del Lomaso per favorire i bisogni ha eretta procura per vendere uno o più censi  alIa somma di Fiorini 2000, ma non fu possibile trovare persona che si presti  allo sborso.
Ora il bisogno incalza, ed altro  rimedio non sappiamo ritrovare, che quello di ricorrere a V.S. Stim.ma e Rev.ma,  acciò ci conceda la licenza di vendere 6 candeglieri, la croce, e le lampade  d'argento, ch'esistono nella Parrocchiale del Lomaso, previo il peso e  l’obbligazione che farà la Comunità in forma pubblica di farne la restituzione  con modello più usitato, terminate che saranno le miserie cagionate dalla  guerra, e siccome abbiamo notizia, che vi sono molti avanzi d'entrate delle  Chiese, supplichiamo pure, acciò sia concesso ai Sindaci ed amministratori di  dover dare tali avanzi alla Comunità che si obbligherà alla restituzione, affine  di poter supplire al pubblico bisogno ... “
Il Vicario Generale, con scritto del  10 marzo 1801, autorizzava il Parroco alle vendite “intesi prima gli abitanti  delle singole frazioni e con il consenso dei rispettivi fondatori o più donanti  della argenteria, ma che abbia a servire a sollievo dei soli poveri”.
E le tristi annotazioni dell' Ongari  continuano: “Ai 18 febbraio la Rendena ha dovuto dare ai Francesi tre  vacche”. E poi ancora: “I Francesi seguitano a tormentarci. Ai 28 si ha  dovuto spedire loro due vacche, e fieno, e pane; e qualche giorno dopo il  Sindaco Antonio Maestri di Caresolo ha dovuto portargli a Trento Fiorini 600,  cioè 3000 troni per la terza rata della chiesta contribuzione; altrimenti era  minacciata l'esecuzione militare”
Finalmente, con la primavera, arriva  anche la notizia della pace di Luneville. “Non posso descrivere - commenta il  Fiorio - il giubilo per si fausta notizia: l'aria eccheggiò di evviva e del  suono delle militari musiche, le campane suonarono a distesa e da lontano  rimbombarono frequenti salve di cannone. Furono fatte anche lumi­narie. Noi  speriamo di poter godere finalmente di quella pace beata che è sospirata  da tutti i buoni”.
A Trento una pattuglia di corrieri a  cavallo attraversò la città agitando rami di ulivo e gridando “Pace, Pace”.
Lo stemma imperiale austriaco con gli stemmi
dei paesi componenti l'Impero. In senso orario:
Boemia, Illiria, Transilvania, Moravia e Slesia,
Carinzia e Carniola, Tirolo, Stiria, Salisburghese,
Austria Inferiore, Galizia, Ungheria
II Gen. Macdonald chiamava il  Capitolo della Cattedrale per la consegna immediata del Principato, e col 30  marzo faceva partire verso la Lombardia a scaglioni la sua armata; il 3 aprile  se ne andava lui stesso con il comando.
Durante l'occupazione Francese molti  comuni avevano abolito gli odiosi dazi con la Lombardia e col Veneto, che  rincaravano Le farine ed i grani. Fu inviata anche una deputazione a Vienna per  un'udienza con l'Imperatore che la concesse il 5 febbraio. La deputazione potè  descrivergli la triste situazione del Tirolo, in parte ancora occupato dai  Francesi e terribilmente impoverito dalle requisizioni e dalle contribuzioni di  guerra; chiese un aiuto in granaglie per nutrire le zone di montagna, le più  bisognose, fino al nuovo raccolto. Di fatto si fecero presto grosse spedizioni  di grano verso il Tirolo, “somministrando alle comunità ogni sorta di grani e  di farine con respiro senza supporto, anzi ai poveri questa medesima granaglia  fu generosamente donata”
II cronista giudicariese così  ricorda questo evento: “Ai primi di marzo, il Sig. Presidente Cavalcabò - il  Gran Capitano - scrisse da Bolzano alle Pievi, che era giunta colà una gran  quantità di biada proveniente dalla Baviera, e spedita da S. M. l'Imperatore per soccorrere questi poveri paesi, e che perciò dopo la partenza de' Francesi  potevano subito insinuarsi, e mandar a prendere la loro quota. Questa consisteva  in frumento, segala ed orzo, col patto di pagarla entro tre anni prossimi. Le altre Pievi hanno scritto soltanto delle lettere, ed hanno avuta la loro parte; ma Rendena piu illuminata,  e meglio regolata dubitando che questa biada sia troppo a buon patto, ha voluto spedire a Bolzano de' Deputati, cioè il Sig. Dottor Cavoli con altri due uomini,  che sono stati via 15 giorni a fare i loro interessi, e così tra le giornate de'  Deputati, ed i Consigli fatti a tal oggetto, ha voluto pagarla assai di piu.
La  quota di Fisto consistente in 9 some e arrivata il 31 Marzo ed ai 3 Aprile fu  ripartita e distribuita super capita, e ne toccarono Libre 10 per persona”.
La situazione alimentare doveva  essere estremamente difficile perché per la prima volta i contadini di Spiazzo  Rendena, ch'erano soliti dare al Predicatore Quaresimalista una scodella di  frumento e due uova, “considerando la gran penuria che regna nelle famiglie,  gli hanno costituito una somma fissa della borsa comunale, ed egli l'ha  accettata”. Anche nella casa del Notaio e  presente la lamentata penuria.
“Il 18 Aprile passarono per  Tione 400 Francesi provenienti da Trento, ed istradati verso l'Italia, e Rendena  ha dovuto dar loro un toro, e del pane; ma si teme assai, che questa robba se la  godano i Tioni, e non già i Francesi.
Le miserie crescono di giorno  in giorno, perché polenta non se ne può avere in alcun modo; e da mangiare non  c’è altro. In Casa nostra per Grazia del Cielo vi e sempre stato pane per tutto  l'anno; ma questa volta l'abbiam finito fino dai 20 febbraio, e bisognerà restar  senza fino al prossimo Agosto; cioe pel tratto di cinque mesi, e più, perché non  se ne puo avere; non vi e in Casa un pugno di grano da far menestra, ne fagiuoli,  ne ceci, ne panizzo, ne riso, ne orzo, e per ciò, sera e mattina, sempre bisogna  mangiar farina (di granoturco, N.d.A.”.
“Siamo al 9 di Maggio, ma non  tutti, perché quasi ogni giorno vi e qualche obito. Sia perché mangiano troppa  erba, o qualche erba nociva, o perché mangiano polenta con tutta la crusca, i  Contadini in genere sono tutti tristi, e molti si ammalano, e in pochi giorni  vanno alIa sepoltura. Sono stato incommodato ancor io dagli ultimi d'Aprile fino  ai 16 Maggio da un fiero dolor di stomaco, e tosse; ho preso l'olio di Mandorle,  poi un emetico, dopo un Purgante di Manna, e Rabarbaro, due emissioni di sangue,  e finalmente dal 16 fino ai 25 Maggio ho bevuto i Siroppi di cicoria, d'altea, e  di bardana, e mi so no ricuperato”
“II 10, 11 Luglio col denaro  alla mana non si poteva aver ne farina, ne pane in alcun luogo. Quella di miglio  si vendeva 18 al peso, e quella gialla 21.12, e in Trento quella di segala  12.10, e quella di frumento 15 al peso; sicché abbiam dovuto mangiare diverse  volte i gnocchi di erba impastati con poca farina a guisa di - strangola preti -  come fa la più povera gente; ma con questa differenza, che invece delle erbe  campestri, noi abbiam prese quelle dell'orto. Queste si fan bollire, e cuocere;  poi si spremono, si pestano minutamente; si impastano bene con farina di  frumento, e di segala, ed alcuni ovi; si fanno i gnocchi, si fanno cuocere, poi  si conciano sutti con buttiro, e formaggio, e si mangiano. Sono di nutrimento  assai, saziano ottimamente, e mantengono in forza chi ha da faticare, e si  sparmia della farina in quantità.
II 10 Luglio e caduta una  tempesta terribile nella Pieve del Banale, che vi era anche il giorno  susseguente alta un ginocchio, ed ha rovinata tutta la Campagna; ma nelle Terre  più basse cioe Villa, Premione, e nel fondo di Stenico non c'é arrivata”.
Provvidenza volle che la stagione  estiva rimediasse in fretta ai danni subiti. In agosto, l'attento cronista  giudicariese scrive che ci fu un buon raccolto e che la stagione continuava  benissimo, con “molto bel tempo ed anche piogge frequenti a tempo opportuno.  Si può dire che le cose vanno bene, perché si va abbassando il prezzo della  farina, e anco le campagne sono belle, e si va avvicinando anche il raccolto del  Giallo, miglio, panizzo, ceci, fagiuoli, ma intorno il 18 Agosto abbiamo dovuto  vivere di solo pane, perché col denaro alla mano non si poté trovare ne farina,  ne buttira, ne oglio”.
Esprime tuttavia una grossa  preoccupazione: “Siamo arrivati al 24 Settembre, e non sappiamo ancora chi sia il nostro Principe e Padrone.
E vera, che dal 2 Aprile 1800 fu  eletto Principe, e Vescovo di Trento Monsignor Emmanuele de Thunn, ma non ha  preso possesso; anzi e partito subito per Vienna e non è più ritornato. Un pezzo  siamo stati governati dai Francesi, un pezzo dall'Imp. Reg. Consiglio  Amministrativo, ed un pezzo dal Reverendissimo Capito­lo; ma ora si discorre che  questo Principato verrà assolutamente secolarizzato, che Mons. Emmanuele dovra  contentarsi d'essere puramente Vescovo. Per noi sarebbe assai meglio che venisse  un Principe grande, assoluto,e potente, e che conchiudesse un Trattato di  Commercio colla vicina Repubblica Cisalpina di dargli vicende­volmente i generi  necessari, cioé noi all'Italia legnami, pascoli, e bestiami, e l'Italia a noi la  biada, ed il vino, altrimenti noi siamo rovinati affatto, perché non vogliono  darci alcuna sorte di grano, o con dazi molto gravosi”.
L' anno 1801, che era iniziato con l'invasione francese e minacciava di diventare uno dei tristissimi anni vissuti dalle popolazioni, si concluse fortunatamente con un autunno ricco di raccolti e di promesse. A portare un'ulteriore nota di fiducia concorse la visita  dell'Arciduca Giovanni d'Austria, fratello dell'Imperatore.
Era la personalità di casa d'Austria più conosciuta nel Tirolo, quella che destava più simpatia. Arrivò alla fine di  ottobre da Madonna di Campiglio in visita alle comunità delle Valli Giudicariesi. Si fermò a Pinzolo, a Spiazzo, salutato dal suono delle campane e dallo sparo  dei mortaretti. Lesse con viva soddisfazione quanto il notaio Ongari scrisse, a mo' di petizione, a carattere maiuscoli, ben visibili, a lato del ponte, sul  quale transitava con il suo seguito:

Altezza Reale  Arciduca  Giovanni
Fra questi alpestri monti
Abitati da poveri pastori
Non aspettate onori
Perché mancano i fonti
Ma per prova d'amore
Vi tributiamo il Cuore
Dite al Fratel Sovrano
Che a questa fida gente
Volga il guardo Clemente
Privi di vino, e grano
A Lui facciam ricorso
Per ottener soccorso

E l' altra scritta in latino:
“Augusto Principi  Joanni
Archiduci Austriae
Francisci Secundi Caesaris  Augusti
Fratri Sexto hinc Transeunti
Nono Kal. Novembris MDCCCI
Felicissimum iter”,.

L'Arciduca volle copia degli scritti; dimostrò di gradire sommamente il mazzo di garofani offertigli da una fanciulla  perché se li mise perfino sul cappello. Continuò il suo viaggio, suscitando entusiasmo e consensi dappertutto, fino a Tione e poi fino a Riva del Garda. Non  passò per Trento, ma si inoltrò direttamente verso la Valsugana, perché  l'istituzione, su iniziativa del Gen. Francese Macdonald, della milizia cittadina, affidata poi dal Capitolo al Magistrato consolare, non aveva  incontrato l'approvazione del governo austriaco. Fu vista come ostentata  affermazione d'un potere autonomo inesistente o al tramonto: la secolarizzazione  del Princi­pato stava ormai per avere pubblica e solenne sanzione.
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