La persona - Il mondo degli Schuetzen

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Andreas Hofer
breve descrizione della persona (tratto da Andreas Hofer a Mantova in catene .. Roberto Sarzi - editoriale Sometti - Mantova

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Sacro cuore -- Unsere Liebe Frau im Walde (Santuario Madonna di Senale Alta val di Non Sudtirol )
Nella sentenza di morte trilingue emessa dal tribunale militare francese che lo aveva processato in Palazzo d'Arco si trova una precisa descrizione dei connotati del patriota tirolese:
"Andrea Hofer, detto Barbon, dell'età di anni 44 circa, nato a Passeyere nel Tirolo, già oste, capo principale degli insorgenti tirolesi, di statura di 5 piedi e 8 pollici, di faccia ovale, rosa ce a e bitorzoluta, di fronte, d'occhi, capegli e sopracigli neri e mento a lunga barba nera"
  In base alle misure francesi dell'epoca, che erano ancora in uso anche dopo l'introduzione del sistema metrico decimale, la statura di Hofer doveva essere di oltre un metro e ottanta e quindi molto superiore alla statura media del tempo, questa caratteristica unita a una corporatura robusta e alla folta barba nera ne facevano già un personaggio fra i suoi compatrioti sui quali egli esercitava un forte ascendente. Oltre alla prestanza fisica Hofer possedeva le naturali qualità del capo, si esprimeva con un'eloquenza semplice ed efficace di stampo popolare e aveva un carattere forte e schietto non alieno tuttavia da una certa caparbietà e da qualche venatura di fanatismo che si manifestò nelle situazioni critiche legate alle fasi finali dell'insurrezione come appare in alcuni ordini e lettere di quest'ultimo periodo. La sua profonda e intima adesione all'identità tirolese egli la manifestò sempre anche nel proprio abbigliamento. Anche all'apice della sua gloria quando s'insediò nell'Hofburg di Innsbruck quale governatore e reggente del Tirolo oltre che come comandante generale degli "Schützen", continuò a vestire il costume tradizionale degli abitanti della Val Passiria, con la sola variante di una giacca verde indossata sopra un camiciotto rosso. Intorno alla vita portava una larga cintura di cuoio con le sue iniziali ricamate e portava calzoni di cuoio nero allacciati sotto il ginocchio e un paio di stivali. In testa aveva sempre un gran cappello nero a larghe tese con un bordo rivoltato sul quale aveva appuntato un'immagine della Madonna. Quale unico segno di distinzione per la sua carica di comandante generale portava al fianco una sciabola, un dono del feldmaresciallo Chasteler all'inizio della campagna militare nell'aprile del 1809.
  La sua profonda e autentica religiosità, la vita laboriosa e onesta che conduceva con la moglie Anna Ladurner con la quale si era sposato in giovane età e dalla quale aveva avuto sette figli di cui un maschio e sei femmine, lo facevano oggetto di grande stima. Pur non avendo la stoffa dell'uomo politico o del capo di stato e nemmeno una grande conoscenza dell'arte militare egli seppe diventare in poco tempo un capo unanimemente riconosciuto e la personificazione stessa del carattere e delle virtù del popolo tirolese.
monumento di Andreas Hofer a Merano

D'altro canto come osservò il Paulin nel suo saggio monografico:
"Presso i contadini tirolesi solo uno del loro gruppo, com'era Andreas Hofer, poteva ottenere la loro .fiducia, stima e ubbidienza. Egli stesso figlio della vigorosa stirpe della Passiria, cresciuto in mezzo alla sua gente, Hofer conosceva profondamente il carattere dei suoi Tirolesi, sapeva trattarli, sentiva e parlava come loro e ne condivideva l'attaccamento alla patria, la fede religiosa e ai costumi tradizionali e anche alla casa regnante con l'ostinata fedeltà delle persone semplici".
 Hofer non era culturalmente uno sprovveduto, aveva frequentato le scuole elementari istituite dall'imperatrice Maria Teresa e aveva arricchito le proprie conoscenze grazie a frequenti viaggi e soggiorni nelle valli del Tirolo e del Trentino dove aveva integrato la sua professione di oste con quella di commerciante di cavalli e di vini stringendo in tal modo numerose relazioni di amicizia e imparando anche l'italiano, che egli parlò sempre tuttavia con forte accento tedesco, una conoscenza che gli fu utile per la propria attività commerciale ma anche durante la prima fase della rivolta che coinvolse anche le popolazioni trentine.
 La modestia della sua cultura, pur sostenuta da doti di buon senso e da una sicura capacità di giudizio non poteva pur tuttavia essere sufficiente per il complesso e difficile compito di governatore di un'intera regione.
 Hofer fu sempre sinceramente devoto ed ebbe nei confronti degli ecclesiastici un atteggiamento di rispetto e deferenza ma ciò non gli impedì di mantenere con loro una certa indipendenza se si eccettua l'influenza che ebbe su di lui il frate cappuccino J. Haspinger, uno dei più accesi e fanatici capi della rivolta, che, facendo appello alla sua coscienza, riuscì dopo molta insistenza a indurre un Hofer, ormai esitante e disposto alla resa a dare nuovamente il segnale della rivolta nel novembre del 1809.
 
bottone con immagine di Andreas Hofer
Nella sua mente semplice e lineare egli fu sempre convinto della giustezza della propria causa ma le sconfitte, l'abbandono dei suoi compagni di lotta e soprattutto la consapevolezza di essere stato lasciato solo al suo destino dall'Imperatore d'Austria, sul cui sostegno egli aveva sperato fino all'ultimo, lo gettarono in un grave stato di prostrazione e di sconforto come testimoniano le parole da lui scritte nell'ultima lettera inviata all'arciduca Giovanni dal suo rifugio tra i monti dove, confessando tutta la sua intima sofferenza per gli eccidi e le distruzioni arrecati dalla guerra al suo amato paese, si firma come:
"Il povero e abbandonato peccatore Andreas Hofer".
Le sofferenze interiori e l'amara constatazione del fallimento della sua impresa non lo gettarono nella disperazione ma grazie alla sua natura forte, generosa egli prese lealmente su di sé tutto il peso della responsabilità per la conduzione militare dell'insurrezione e seppe affrontare la morte sugli spalti di Cittadella con serenità e coraggio accettandola come espiazione per le proprie colpe e liberazione da tutti i dubbi e i tormenti della propria coscienza quale testimonianza della sua fede cristiana e di amore per la sua gente.
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